giovedì 29 ottobre 2009

I Bassotti: Signori della corte

Edgar Lustgarten, prima avvocato, poi arruolato durante la II Guerra Mondiale come giornalista addetto alla propaganda bellica alla BBC e, dopo la sua conclusione, professionista della comunicazione e della scrittura a tutto campo, è stato decisamente un precursore.
I suoi programmi prima radiofonici, poi televisivi, rappresentano il prototipo e l'esempio (utilizzato addirittura per la sua verosimiglianza nei corsi di legge nelle università anglosassoni) della ricostruzione dei delitti e dei processi come siamo ormai quotidianamente abituati a vedere su tutti i canali televisivi e al cinema.
Non è sorprendente quindi che il suo primo romanzo, ampiamento lodato dalla critica all'uscita e poi costantemente inserito in tutte le maggiori liste di "alltime best mysteries", racconti in tutte le sue fasi lo svolgimento di un processo, di quelli che nella realtà catturerebbero le prime pagine dei quotidiani e le aperture dei telegiornali.
Un delitto sensazionale, dai torbidi risvolti titolerebbero a caratteri cubitali i tabloid di Londra dove si svolge la vicenda.
Arthur Groom, giovane di umili origini, sembra aver coronato la sua ascesa sociale sia nella professione che nel privato con un ottimo lavoro e il matrimonio con una ragazza di buona famiglia. Una vita apparentemente perfetta la sua finché la polizia non arriva a bussare alla porta della quieta casa nei sobborghi per arrestarlo con l'accusa di aver massacrato una giovane prostituta a Soho.
Inverosimile? No, visto che più testimoni concordano nel raccontare che i due non solo si conoscevano e si frequentavano, ma che il comportamento protettivo di Arthur nei confronti della vittima sconfinava sempre più spesso in una possessività quasi maniacale.
Alla puntuale narrazione di tutte le fasi del processo, dal duello in punta di fioretto, ma senza esclusione di colpi, tra accusa e difesa alle reazioni psicologiche dei protagonisti dentro e fuori dall'aula, fa da contrappunto la progressiva scoperta di una serie di episodi che potrebbero far luce sulla vicenda, ma ancora sconosciuti alla corte.
Come se al lettore venisse offerto uno sguardo privilegiato, più ampio e completo di quello che sta accadendo, che agli stessi protagonisti e insieme un monito neppure troppo velato, in tempi in cui la pena di morte era ancora in vigore in Inghilterra, a non dare per scontata la possibilità di raggiungere la certezza delle colpevolezza.
Rileggendolo oggi non sorprende certo il concorde successo di pubblico e di critica che il romanzo ebbe all'epoca della sua uscita.
Lo stile di scrittura nitido ed essenziale e la perfetta struttura ad incastro dell'intreccio si amalgamano senza sforzo apparente, sorretti da un'acuta osservazione psicologica, offrendo una lettura appassionante e insieme inquietante fino all'ultima pagina.
E viene spontaneamente da chiedersi quanto la lettura di questo classico possa aver influito sui moderni maestri del procedural, penso soprattutto allo Scott Thurow di "Presunto innocente".

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